Il saggio propone un percorso sull’utilizzo dei lemmi “segreto” e “censura” nei linguaggi del Risorgimento: dalle diverse correnti del movimento patriottico, alla cultura reazionaria. L’indagine muove dalla dimensione utopica che entrambi i concetti acquisiscono nell’età dell’assolutismo maturo, quando nello spazio segreto delle logge massoniche si afferma quella “legge dell’opinione pubblica” che secondo Locke costituisce la terza istanza morale, dopo quella della ragion di stato e della religione. In nome di questa istanza l’Illuminismo matura la facoltà di critica – o censura – al sistema politico vigente. Nel linguaggio politico e letterario dell’età risorgimentale (durante la quale i due lemmi sono collegati da un nesso istituzionale forte, la polizia), segreto e censura sono espressione di un vecchio apparato di potere, affidato alla repressione censoria, al controllo poliziesco, alle procedure segrete. I due concetti tuttavia conservano una forte dimensione simbolica ed utopico-morale: dalla censura dei costumi come strumento di progresso ed “incivilimento”, alla fratellanza segreta degli iniziati alla “religione nazionale”.
A partire dal triennio repubblicano, il settarismo diventa uno strumento di mobilitazione politica utilizzato da tutte le parti in gioco: quella de
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