Come la politica e la giustizia si muovono parallelamente, senza toccarsi mai, dando all’osservatore l’impressione di convergenze che, in molti casi, sono più di semplici illusioni ottiche, così le morti di Socrate e Giulio Cesare non si sottraggono ad un gioco di identità e differenze, coinvolgenti non solo le personalità illustri e carismatiche di un filosofo e di un politico (e i loro mondi, il Greco ed il Romano), ma soprattutto le dinamiche di una giustizia che non esita a mettere i suoi strumenti, il processo e la pena della condanna a morte, al servizio della politica, e di una politica che, nel nome della difesa della libertà e della realizzazione della giustizia, non ammette la tirannia ma arriva ad uccidire. L’inadeguatezza della concezione tradizionale della giustizia, a fronte della crescente complessità politica, se in Grecia scatena il conflitto tra il filosofo e la polis, a Roma blocca, ma solo temporaneamente, il progetto politico di pacificazione e giustizia sociale, in un intrecciarsi di filosofia, politica e diritto che, unendo passato e presente, può essere un ausilio nella preparazione del nostro futuro.