Assistiamo da lungo tempo a mutamenti istituzionali spesso eterogenei, che ci portano al di là dei confini concettuali dello stato propriamente inteso. Quest’ultimo, concepito tradizionalmente come il soggetto portatore esclusivo della sovranità, vede come colpita questa sua qualità. Gli elementi di accentramento si presentano sempre più subordinati e serventi nei confronti delle forme di decentramento. La supremazia dell’amministrazione scolora, rispetto alla volontà dei privati. Il settore della giustizia tende sempre più ad autonomizzarsi, per affermare garanzie di imparzialità diverse dalla supremazia e terzietà dello stato. Molti tipi di rapporti privati pretendono di superare i propri limiti tradizionali, presentandosi come espressione di interessi, certo ancora privati, ma a rilevanza pubblica. Sul piano ultrastatale le varie forme di limitazione della sovranità internazionale degli stati, il sorgere di comunità di stati sulla base non della sovranità, ma di elementi e principi pattizi, confermano i profondi mutamenti che sono intervenuti nella definizione della statualità.
Tutte queste trasformazioni e altre ancora mostrano la necessità di ripensare i rapporti statuali; di ripensarli, però, in profondità, senza riproporre il modello di stato sovrano ereditato da una risalente, pur gloriosa tradizione; perché il compito attuale consiste nella comprensione della nuova condizione dei rapporti, non nella riduzione e nella costrizione delle più recenti trasformazioni negli antichi e in gran parte superati schemi concettuali.