Grazie alla ricca documentazione archivistica posseduta dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma – in particolare il Fondo Ugo Ojetti – e dagli altri numerosi archivi rivelatisi utili a questa ricerca, viene ricostruita in tre lunghi “capitoli” la paradigmatica vicenda umana, politica e culturale di alcuni intellettuali italiani che vissero da protagonisti la prima metà del “secolo breve”, e che intrattennero con Ugo Ojetti intensi scambi epistolari. Socialismo e sindacalismo rivoluzionario, nazionalismo e interventismo, fascismo e antifascismo, ma non in misura minore il tormentato rapporto con la “tradizione” liberal-borghese, si rincorrono e si sovrappongono perciò in maniera feconda e problematica nei differenti, a volte antitetici percorsi biografici oggetto di questo volume, senz’altro nei carteggi di Tomaso Monicelli e Roberto Forges Davanzati con Ugo Ojetti, capaci di tratteggiare al meglio – anche grazie a intensi risvolti esistenziali – quella complessa e non di rado contraddittoria “transizione” dall’estrema Sinistra all’estrema Destra che ha caratterizzato larghi settori della cultura e della politica italiane durante il primo Novecento, fino all’avvento e al consolidarsi del regime fascista. Trait d’union fra tutte queste figure – e, non in misura minore, culture – politiche, artistiche e letterarie in corso di brusca mutazione e controversa “modernizzazione”, è proprio Ugo Ojetti, intellettuale e giornalista “istituzionale” che nel terzo, conclusivo capitolo del libro diventa l’indiscusso protagonista della svolta filofascista del “Corriere della Sera” anti e post-albertiniano, ovvero uno dei maggiori esponenti di quella cultura di regime, viepiù “normalizzata” dalla dittatura, che negli anni Venti e Trenta s’imporrà nel nostro paese: lo stesso Ugo Ojetti che, non in misura minore, sin dal Tardo Ottocento, lungo tutto il corso del primo Novecento era stato in grado di dialogare con le avanguardie artistiche, letterarie e con i più disparati fermenti politico-culturali, “attraendoli” al pari d’un magnete sul piano archivistico-documentario, conservandoli così nel tempo – anche grazie al fondamentale ausilio della moglie Fernanda Ojetti – sino a oggi.